Il nome del tuo Amore
C’è una cosa che non ti ho mai detto: quando mi chiamavi per nome quasi non lo riconoscevo più come il mio e mi sorprendevo del suono diverso che assumeva se a pronunciarlo fossi tu. Ricordo di aver letto che siamo talmente abituati a udire il nostro nome da identificarlo come un codice, anche se afferrato a stento in mezzo a tante altre voci. Naturalmente questo valeva anche per me, ma se a chiamarmi eri tu, era un po’ come se il codice fosse errato, o meglio, lo identificavo ma reagivo con quell’attimo di ritardo che mi disorientava.
Con il passare del tempo il mio nome mi era divenuto estraneo perché lo chiamavi raramente, avendolo sostituito con altre parole che pian piano sono divenute il mio nome. Certamente avevi fatto bene, quei nomi avevano suoni più armoniosi e in grado di suscitare in me sensazioni profonde o forse significati più profondi.
Quando la prima volta hai sostituito il mio nome con Amore, ho sentito i brividi lungo la schiena e incredula ti ho guardato per vedere se dicevi e facevi sul serio. Io per te ero Amore, incarnavo l’Amore tanto da meritarmi di portare il suo nome. Meraviglioso, mi ero detta felice, perché anche tu per me eri Amore, solo che io fino a quel momento non avevo avuto il coraggio di farlo divenire, come semplicemente avevi fatto tu, anche il tuo nome.
Quando poi hai preso a chiamarmi Gioia, ho cominciato a credere che non fossimo solo fortunati, ma ci fosse qualcosa di più. L’amore a volte è simile a una moneta lanciata in aria, non è il caso però a decidere quale sarà la faccia che assegnerà la vittoria, è il destino. Per questo motivo il mio dolce sorriso si era fatto radioso. Io, che già mi chiamavo Amore, ero per te anche Gioia e questo Amore capace di darti felicità e sorrisi e non lacrime e disperazione, è certamente l’unica faccia della moneta che la vita dovrebbe sempre regalare. E’ così che non ho esitato nel dover far scalare di un’altra postazione il mio nome, perché Amore e Gioia di certo erano nomi più belli del mio.
In un giorno di sole hai preso a chiamarmi anche Vita e ho finito per credere che la felicità non avesse limite. Guardandoti negli occhi, ora che ero divenuta come la cosa più preziosa al mondo, mi sono ripromessa di non far mai nulla per spegnere quella luce di vita nello specchio della tua anima e ho accettato per mio anche questo nuovo nome.
Mai mi sono pesati i miei nomi, mentre li portavo con lo stesso orgoglio, cura e rispetto che si ha per ciò che è prezioso, di cui non si è solo possessori, ma soprattutto custodi. Amore, Gioia e Vita… avevo conquistato quei nomi, ne ero divenuta parte senza tuttavia fare nulla di più di quella che ero dentro il nome che da sempre mi apparteneva. Fuori e dentro di me ti ringraziavo per la scelta, celando un sospiro di sollievo perché non avevi scelto nomi, magari più simpatici, ma sicuramente meno adatti al mio essere. Certamente mi sarebbe scappato da ridere se mi avessi affibbiato nomignoli affettuosi, ma così ridicoli. L’unico compromesso gradito era quando mi chiamavi Piccola, ma solo perché avvertivo quel senso di protezione che io stessa cercavo e trovavo in te.
Accettando i miei nuovi nomi, non avevo però mai rinunciato al mio anche se la tua voce lo aveva dimenticato e devo ammettere che dopo un po’ ne ho cominciato ad avvertire la mancanza, quasi una dolce nostalgia.
Stupidamente, ma per onestà, devo confessare che qualche volta ho anche pensato che non mi chiamassi con il mio nome perché non ti piacesse. Altre volte invece, indebolita dall’insicurezza, mi sono addirittura chiesta se con quei nomi era davvero me che chiamavi o se era qualche altro amore nascosto o magari mai dimenticato. Nei momenti di fragilità la nostalgia lentamente prendeva a trasformarsi in un desiderio di conferma, tenuta con razionalità sotto chiave, non per chiudere gli occhi e accettare la realtà che più mi avrebbe fatto comodo, ma solo perché con il cuore e con la mente credevo all’unica realtà che avevo davanti: amavi solo e proprio me, io che però non avevo più il mio nome.
Vedi, ora te lo posso dire, io non credo che in fondo un nome non sia nulla, non voglio sentire citare Shakespeare con la storia della rosa che se non si chiamasse rosa rimarrebbe pur sempre una rosa. Cosa certa era che le rare volte che ascoltavo da te il mio vero nome, quasi non lo capivo più e non credo che ciò sia banale.
Te lo voglio dire ora, che è notte e mi cullo tra le tue braccia, perché non conosco il motivo, non conosco cosa ti abbia spinto a farlo e non so neanche com’è che tu l’abbia capito, ma stanotte hai lasciato i miei nomi senza tuttavia abbandonarli. Mi hai chiamato con la stessa voce, lo stesso suono, la stessa vibrazione con cui mi chiami Amore, Gioia e Vita, fondendo questi tre nomi in un solo nome e quel nome, Amore mio, è il Mio.
Te lo dico ora perché è stato in quest’istante che ho capito fino in fondo la nostra unione, assoluta, completa, totale, perché non è Amore, Gioia e Vita che ti richiamano all’anima me, ma è il mio nome, Io, che ti riporto all’anima il significato dell’Amore, della Gioia e della Vita.
StellaRobi