Luce

(Dis)Avventura

Se fosse stata  una bambina si sarebbe rifugiata contro un albero, in attesa di una mano che l’avrebbe ricondotta a casa.  Ma non era più così piccola e continuava a camminare cercando di non farsi sopraffare dal sentiero, tortuoso, in salita  e dalla vista che calava così come calava la sera.

Lontana,  quasi dimenticata, la spensieratezza  che aveva accompagnato il solitario girovagare  nel bosco, i caldi  raggi di luce pomeridiana  che filtravano  tra le foglie degli alberi, l’aria cristallina dell’altura.

Si era spinta oltre, ma solo dopo che la carica emotiva si era esaurita se ne era resa conto e quando aveva cercato di tornare sui propri passi, li aveva scorti ormai lontani.  Con occhi annebbiati dal panico  cercava un angolo familiare, qualsiasi cosa che le permettesse di arrivare  a raccontare quella disavventura, maledicendo contemporaneamente cosa l’avesse spinta fin lì e ripromettendosi, in futuro, di non distrarsi più.

La gobba di un tronco, un sasso muschiato… Convincendosi di riconoscerli, seguì il vecchio sentiero, affrettando la marcia. Prima della curva  si fermò e guardò indietro, indecisa. Continuare su quella che poteva essere ancora un’altra  strada sbagliata, oppure tornare sui propri passi?

Drizzò le spalle  e con più niente da perdere, avanzò. Ora, contrariamente a quanto gli occhi vedevano, camminava già su un terreno in discesa  ed ebbe così la certezza di essere tornata sulla via di casa.

Al di là della stanchezza, scorse i tetti del villaggio e quando leggera lo attraversò, fischiettò, per i  suoi vent’anni, un motivo che trasformava l’episodio in avventura.

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