Laltrame

Diario: Tunnel profondo

29/4/2010

Tunnel profondo.
Chi sono io in questi ultimi giorni, non lo so.
Quali fondi ho toccato, quale melma, non riesco neanche a immaginarlo.
L’unica cosa che riesco a pensare è che per qualche coccola, o carezza, o semplice considerazione, una donna può vendere anche la propria anima.
Non il corpo, ma l’anima.
Ho accettato uno scambio di messaggi da un perfetto sconosciuto. Così. Per la sua gentilezza.
Ma voleva un po’ di più.
Richiesta rispedita al mittente con simpatica ed ironica fermezza.
Ma dentro di me c’era un fuoco.
Se mi si fosse presentato davanti, qualunque fosse stato il suo aspetto, mi sarei fatta travolgere dalla sua voglia di me, dal suo desiderio di farmi impazzire, scaturito solo dall’aver udito la mia voce.
E’ sorprendente come, al di là del fatto spiacevole, ci sia un uomo, lontano 300 km e più, che ha avvertito quel qualcosa in me di sensuale, di erotico.
Senza avermi mai visto. Senza aver visto i miei occhi, la mia bocca, il mio modo di camminare, di portare alla bocca un frammento di cibo.
Solo la mia voce.
Che parlava di calcio, di politica, di figli che crescono.
Ho accusato lui di fare un gioco sporco. Ma di me che dire se, pur avendo rifiutato categoricamente qualsiasi tipo di strano gioco, chiudevo il telefono con i brividi sotto pelle? Se rileggevo i suoi messaggi un’ultima volta, prima di cancellarli definitivamente, per rifocillarmi di quelle attenzioni negate?
Un pomeriggio, di ritorno a casa, avevo una luce così intensa negli occhi che un compagno di viaggio mi ha chiesto se era successo qualcosa. Ero splendida….

Ho un estremo bisogno di sentire che un uomo può ancora impazzire per me. Che desideri il mio corpo per esplorarlo avidamente. Più volte. Alla ricerca di rifugi ancora inesplorati.
E per un uomo che mi faccia sentire ancora come una sorgente a cui abbeverarsi, io riuscirei ad essere vera. A donare sensazioni ed emozioni profonde, con uno slancio ed una generosità sorprendenti. Ad essere complice di un gioco magnifico.
Non voglio invece sentirmi come sono ora. Un bisogno da soddisfare.

E poi ci sei tu.
Che non ti fermi neanche a guardarmi.
Che non senti il bisogno di sentire questa mia voce.
Una espiazione al peccato che ho appena commesso.

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