La mia porta
Quando Simone, in questo grigio pomeriggio, me ne ha fatta un’altra delle sue e mi ha scaricato come un pacco al bordo della strada per correre da lei, il mio primo pensiero è volato a Francesca. Così, mentre serro i pugni e cerco di cacciare indietro le lacrime, mi incammino verso casa sua e già il mio cuore si alleggerisce. Francesca mi capirà, mi lascerà sfogare, mi consiglierà, consolerà, rassicurerà…
Ringrazio mentalmente quel giorno di circa dieci anni fa’, quando per caso ci siamo conosciute. Siamo andate subito d’accordo, abbiamo condiviso molte cose insieme, diverse esperienze che ci hanno fatto crescere e cambiare, per poi dirottarci su strade diverse. Ma comunque siamo sempre rimaste unite, anche quando gli intervalli fra i nostri incontri sono passati da quotidiani a settimanali e poi ancora più lunghi. Ma in fondo non importa il tempo passato insieme, conta sapere che l’altra c’è, che c’è un punto fermo nella propria vita. Francesca c’è sempre stata, soprattutto nei giorni difficili e cioè da quando la mia storia con Simone ha preso questa brutta piega per lei che è rientrata nella sua vita, o forse sono stata solo io ad aver creduto che ne fosse uscita. Francesca mi ha sentito cento volte lamentarmi, cento volte piangere, cento volte disperarmi e cento volte urlare dalla rabbia. In tutte le occasioni ha sempre avuto la parola giusta e quando le parole non sono state sufficienti o comunque non in grado di cambiare le cose, ha sempre avuto per me un gesto che mi ha dato la forza e quel pizzico di serenità che nella mia vita con Simone non c’è più… sicurezza. Sì, ecco cosa è Francesca, rappresenta la sicurezza, lei così tranquilla, così dolce e premurosa. Figurarsi che non l’ho mai sentita fare commenti fuori luogo nei confronti di Simone neanche quando se li sarebbe davvero meritati, neanche quando mi vedeva distruggermi per lui, mentre lui si dissolveva per lei. Una sola volta mi ha detto “Lori, lascia stare”. Sapevo che aveva ragione, le ho sorriso, mi sono lasciata abbracciare, ma poi non ho lasciato per niente stare e quando il giorno dopo, senza accampare alibi, glielo ho detto, lei non ha criticato la mia testardaggine. Ma soprattutto le sono grata perché nemmeno nei suoi occhi leggevo il minimo rimprovero, neanche quando, appena una settimana dopo, mi sono ripresentata alla sua porta con la storia che si ripeteva, la vecchia storia consumata, con parole già dette e dolori già provati. Neanche allora nella sua espressione ho mai letto: ecco qui, ci risiamo! oppure non dire che non ti avevo avvertita! o ancora non chiedermi consigli se poi fai sempre come ti pare!
Allora è naturale, quasi scontato, che oggi, quando il richiamo di lei nelle vene di Simone è stato più forte, al di sopra di tutto, io sia arrivata sotto casa di Francesca. Ho bisogno che la mia amica guarisca le mie ferite.
E’ così che, quando suono alla sua porta e non mi risponde nessuno, rimango sconcertata, quasi infastidita, tamburello il piede a terra e ritento, ma devo rassegnarmi all’idea che non sia in casa. Nella mia mente risuona un urlo: ma dove sei ora che ho bisogno di te!? Tiro su con il naso, con il dorso della mano scaccio via le lacrime e tiro fuori il cellulare. Un po’ nevrotica cerco nella rubrica il suo numero, ma il suo telefono è spento. Provo a casa, nella stupida speranza che chissà per qualche motivo non abbia risposto alla porta. Niente da fare, non c’è, mi guardo intorno disorientata e mi viene in mente che possa essere andata a trovare quella sua amica dell’università! Chiaramente agitata mi sfugge il nome, me lo avrà detto un milione di volte, ma non l’ho mai registrato nella mente, troppo presa come sono dai casini della mia vita. Poi finalmente lo ricordo, velocemente dal mio cellulare mi collego su internet e trovo il numero di casa. Un po’ impacciata chiedo di parlare con l’amica della mia amica e fatico un po’ per fare capire all’amica chi io sia. Quando alla fine ci riesco, mi dice però che Francesca non è nemmeno con lei e per mia fortuna è una tipa molto loquace che non solo mi informa che Francesca è uscita con Sandro, il ragazzo, ma mi da anche il numero del suo telefonino. Chiamo Sandro e schiarendomi la voce gli chiedo di Francesca, lui fortunatamente mi conosce, non bene in verità, siamo usciti qualche volta in coppia, ma Simone e lui non hanno mai legato. Presa come sono, non noto affatto il tono della sua voce imbarazzato e quando mi dice che Francesca non è neanche con lui, io scioccamente insisto e lui, forse pensando che da brava amica io sapessi, mi dice che si sono salutati in malo modo da quasi un’ora e che il loro chiarimento non è andato affatto bene, lei non ha cambiato idea e perciò lo ha lasciato definitivamente. Lì per lì pronuncio una frase sicuramente senza senso, perché lui continua dicendomi che d’altronde erano mesi che andava avanti in quel modo, che lui la ama ma non come lei vorrebbe e che se anche l’ha tradita… Stordita, comincio a balbettare e lui deve essere ancora più stordito di me per non chiedermi: ma come?! Non ne sapevi niente! Mi vien voglia di attaccare o meglio, rimpiango di aver fatto quella telefonata perché il senso di vuoto che già provavo è aumentato e mi sento male davvero.
Quando finalmente riesco a chiudere la telefonata, ancora incredula, faccio un lungo respiro e mi guardo intorno smarrita. Con le mani che mi tremano, accendo una sigaretta e a passi lenti mi incammino verso casa.
Nella mia mente sconvolta si scontrano rumorosamente due pensieri. Non so da chi farmi consolare, con chi alleggerire l’ennesima botta ricevuta da Simone? Sono sola, per lui ho mandato tutti al diavolo… Ma questo pensiero per quanto doloroso sia, svanisce in confronto all’altro, doloroso in maniera diversa, che mi lascia un’amarezza così grande e profonda da farmi sentire una persona spregevole. Dove sono stata in questi mesi per non essermi mai accorta di quello che passava Francesca? Troppo presa da me, troppo importante la mia non storia con Simone, talmente importante da non lasciare spazio a lei, tra le mie mille parole, per dirne una di sé, un sto male, Lori! Allora dimentico i miei guai e le lacrime mi bagnano le guance: in un’altra parte della città, a camminare su un’altra strada vuota, c’è Francesca e mi chiedo da chi stia andando a farsi curare le ferite.
Per quanto sia difficile ammetterlo, sarebbe una bugia se affermassi che una volta giunta sotto casa mia, mi aspettassi che la mia amica stesse lì, a bussare alla mia porta.
Ovviamente non c’è nessuno.
La mia è stata una porta che ho sempre tenuta chiusa.
StellaRobi