Like the Moon – Cap. 3
(La Faccia Nascosta della Luna)
In trappola
Lily camminava per il vicolo, sentiva il rumore dei propri passi ed era certa che chiunque fosse lì ad aspettarla, magari nascosto in uno dei tanti angoli bui, sapesse perfettamente che lei stava arrivando. Si guardò intorno, cercando di scorgere una figura celata nell’ombra. Non c’era anima viva, ma era comunque certa che lui stesse lì a guardarla arrivare.
Aiuto… – implorò. Ma chi avrebbe potuto aiutarla? Ormai nessuno.
Scorse in lontananza, quasi alla fine del vicolo, il bidone rosso di cui la voce le aveva parlato. Prima accelerò il passo e poi cominciò a correre, senza mai smettere di lanciare intorno sguardi timorosi. Era sicura che da un momento all’altro qualcuno le sarebbe piombato addosso e con ogni probabilità alle spalle. Arrivò al bidone rosso e con gesto rapido aprì la borsetta, estrasse la busta e quasi la scaraventò sul coperchio di ferro; quindi girò su se stessa e riprese a correre nella direzione opposta. Ebbe l’impressione di sentire dei passi dietro di sé. Corse più forte, ma più correva e più le sembrava che i passi fossero vicini. Eccolo! No, ti prego..
Lily inciampò e cadde a terra. È finita! Rimase per un secondo con gli occhi chiusi e il fiato sospeso: non accadde niente, nessun colpo, nessun aggressore, niente… Aprì gli occhi e si girò verso il bidone rosso: nessuno neanche lì. La ragazza si rialzò e riprese a correre. È possibile che mi lasci andare in questo modo?
Arrivò rapidamente all’uscita del vicolo, ma nemmeno lì c’era qualcuno. Prese la strada da dove era giunta pochi – ma lunghissimi – minuti prima e continuò a correre. All’improvviso un portone si aprì, proprio quando lei ci stava passando davanti, e un braccio l’afferrò per la vita. Lily cercò di urlare, ma le mancò il fiato; il portone si richiuse con un forte schianto. Adesso era intrappolata là dentro e con lei c’era il suo aggressore.
Lily lo sentiva respirare, ma non poteva vederlo in volto perché era troppo buio. Sentiva, però, il suo braccio stretto con forza intorno alla vita e la sua mano premuta sulla bocca. Eppure non le faceva male, e non la stava uccidendo. Nonostante questa considerazione, non aveva il coraggio di muoversi; aveva paura che anche il più piccolo movimento potesse provocare una reazione violenta dello sconosciuto che sentiva respirare alle proprie spalle.
– La busta, – intimò lo sconosciuto.
Al suono di quella voce, brividi di paura le scossero il corpo.
– L’ho messa sopra il bidone rosso, dove hai detto! – riuscì a rispondere.
L’uomo sorprendentemente allentò la presa.
– Lo so, l’ho recuperata. Ma ne hai fatto una copia, vero? Dimmi dov’è!
Lily non rispose. Sarebbe stato superfluo farlo: lui sapeva tutto. Sapeva della copia, proprio come lei sapeva che, una volta rivelato dove fosse, lui l’avrebbe uccisa. Era meglio tacere e non far correre alcun rischio a Wendy. E poi, ne sarebbe forse valso qualcosa? Comunque avesse agito, non ne sarebbe uscita viva.
– Dimmi dove hai messo la copia! – L’uomo ricominciò a stringere la presa. – Dimmi dov’è!
La ragazza non rispose e, con tutta la forza e il coraggio che riuscì a raccogliere, tirò un calcio all’aggressore, colpendolo dritto nello stinco con il tacco; contemporaneamente, scattando indietro con la testa, gli assestò un colpo sulla bocca, cogliendolo di sorpresa. Liberatasi per un attimo, Lily schizzò via e cominciò a correre lungo le scale. L’uomo imprecò fra i denti, ma si riprese immediatamente e la seguì. Finita la seconda rampa di scale, Lily imboccò un lungo e stretto corridoio alla propria sinistra, poi scese velocemente alcuni gradini. Non sentiva più l’aggressore alle sue spalle: forse aveva continuato a salire le scale, non avendola vista entrare nel corridoio. Quando trovò davanti a sé una porta, la ragazza, pregando fra sé che fosse aperta, ne afferrò con forza la maniglia. Fortunatamente la porta si spalancò, ma…
Lily si ritrovò nuovamente nel vicolo, proprio davanti al bidone rosso. Le sembrò di ricadere nell’incubo, tutto stava cominciando dal principio, si trovava di nuovo nel nascondiglio dove poco prima lui l’aveva attesa silenziosamente. Purtroppo non aveva scelta, era costretta a fare come prima, con più consapevolezza, ma anche molta più paura.
Lily iniziò a correre verso l’uscita del vicolo; scorgeva l’insegna del cinema lampeggiare in lontananza e per quanto corresse le sembrava di non riuscire mai a raggiungerla. Più si affannava con il cuore in gola, e più quella maledetta insegna rimaneva lontana. Poi d’improvviso si udì uno sparo.
Lily franò a terra; si posò una mano sul petto e sentì il sangue caldo uscirle dalla ferita. Tentò di rialzarsi, ma le mancarono le forze e ricadde al suolo. Proprio in quel momento la porta in fondo al vicolo si aprì nuovamente e ne uscì correndo l’uomo dal cappotto nero, aveva una pistola in mano. Lily lo sentì avvicinarsi, lui si chinò su di lei e le sollevò la testa. Le sentì la vena sul collo, il battito era debolissimo.
La ragazza aprì gli occhi e guardò per la prima volta il volto dell’uomo da cui era fuggita fino a quel momento: era troppo tardi per non avere più paura di lui. Sentì la sua voce, ma non riuscì a capire cosa stesse dicendo, capì solo di essere sul punto di morire.
– We… Wendy….
Lily parlò con un filo di voce; sussurrò quel nome così piano che si chiese, un attimo prima di morire, se l’uomo l’avesse udito.